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“Per capire chi vi comanda basta scoprire chi non vi è permesso criticare”

ZERO ORE.

La Gran Bretagna è un po’ la culla del Liberismo (anche se fa ancora delle cose terribili e che attentano alla libertà individuale dei cittadini come avere un Servizio Sanitario Nazionale pubblico) e ha risolto il problema della disoccupazione che sta drammaticamente attanagliando il vecchio continente.

Parliamo dei contratti di lavoro “zero hour”.


Gli zero hour sono rapporti di lavoro del tutto regolari, che consentono al datore di lavoro di convocare il dipendente come meglio crede, che siano poche ore, pochi giorni o qualche settimana.   

Non importa con quali turni, non importa con quale orario. Il periodo durante il quale non si lavora non viene necessariamente stabilito in anticipo e può variare col massimo della flessibilità e ovviamente sono periodi di pura disoccupazione che non prevedono nessuna forma di retribuzione e di garanzie.
Questi contratti oltre a non offrire nemmeno un minimo di ore di lavoro garantite e una retribuzione di base, sono anche pagati una miseria. Per le aziende, soprattutto un certo tipo di aziende, questo tipo di contratti sono una grande risorsa mettendo a disposizione forza lavoro gestibile col massimo della flessibilità pronta per essere chiamata a coprire i picchi di produzione e mandata a casa appena non serve più (fino alla prossima volta, of course)
Per i dipendenti invece questo contratto significa poco e niente, essendo solo un pezzo di carta che trasforma un lavoro nero in lavoro perfettamente legale, che non offre nessuna prospettiva di crescita e formazione professionale, né consente di avere un reddito regolare. Quando sentite parlare della “spaventosa” entità del lavoro sommerso in Italia, è perché in molti paesi il lavoro nero è già legalizzato.

 

I lavoratori con contratti zero hour statisticamente parlando risultano occupati a pieno titolo, non importa nulla a nessuno del fatto che potrebbero lavorare 48 ore una settimana o 10 ore in un mese (o proprio niente). I dati statistici sono quindi falsati dall’inclusione di persone che non possono essere definiti occupati allo stesso modo in cui è definito occupato un lavoratore full-time a contratto (determinato o indeterminato che sia).


Le statistiche sulla disoccupazione sono falsate, in questo caso parliamo della Gran Bretagna ma il concetto è valido praticamente in tutta Europa: non ha senso considerare lavoratori precari part-time degli occupati allo stesso modo di chi ha un lavoro full-time a tempo indeterminato o comunque a medio-lungo termine (intendo almeno 2 anni)
Fino al recente passato i lavoratori zero hour erano una quota esigua dei lavoratori totali e i sindacati britannici avevano accettato la situazione, ma un recente studio del Charted Institute of Personell and Development (CIPD) ha smentito i dati dell’istituto di statistica britannico ed è giunto alla conclusione che gli zero hours sono almeno un milione e non circa 250.000 come veniva indicato dai dati ufficiali.

Il fenomeno quindi non è più limitato a quella parte di manodopera che in qualche modo possiamo considerare normale e necessario che siano inquadrati in questa maniera (penso ai lavori stagionali o periodici, lavoratori del fine settimana, ecc..) ma è un vero e proprio fenomeno strutturale che rende inattendibili le statistiche sull’occupazione. Questo spiega il paradosso dell’occupazione in crescita durante una crisi economica e significa che è in atto un passaggio delle forme contrattuali ordinarie alle infami forme contrattuali di lavoro nero e sfruttamento legalizzato, il tutto grazie alla difficoltà che c’è nel trovare lavoro che rende chi cerca lavoro particolarmente debole e bisognoso.

Con una tale forma contrattuale non ha più senso la parola “licenziamento”. Per liberarsi di un dipendente è sufficiente non chiamarlo più (non serve neanche mandargli una lettera), per non parlare di quanto un contratto del genere esponga il dipendente a vessazioni e prepotenze, creando un ambiente di lavoro dove vige un caporalato dei dipendenti assunti con contratto regolare che hanno un forte potere su quelli “di serie C” e che contano come il due di coppe quando regna bastoni (cioè niente) e possono essere tenuti costantemente sotto scacco.

Queste forme contrattuali hanno distrutto il valore e l’etica del lavoro e hanno esentato le imprese dall’obbligo di dover investire di più e meglio sul proprio capitale umano, essendo ormai svincolate dal dover prendere un lavoratore per tenerselo potenzialmente a lungo. Questa maggiore disponibilità di manodopera temporanea avrebbe indotto gli imprenditori a scegliere metodi di produzione basati sulla più alta intensità di lavoro a scapito della reale produttività per ora lavorata. Oltretutto la creazione di questa massa di lavoratori così squattrinati e così oscillanti tra sotto-occupazione e disoccupazione è andata comprimere fortemente la domanda aggregata, causando un danno alle imprese stesse che adesso piangono perché non vendono niente ma quando venivano istituite queste forme contrattuali non dicevano niente, non rendendosi conto che era anche la loro clientela ad essere messa sotto attacco e quindi lo erano anche loro.

A meno che non siano imprese “vincenti” che esportano, magari ne “i nuovi mercati emergenti” e se non sei “vincente” allora sei un “perdente” e quindi devi morire no?

Bello lo “spaghetti-liberismo”….  Ma fottetevi!Sarebbe ora di capire che nessuno di noi è solo e indipendente in questo cazzo di paese e che l’EGOismo e l’EGOcentrismo sono atteggiamenti da idioti (ma poi mi fraintendete, quindi mi fermo).

In Italia non abbiamo esattamente gli zero hours perché non serve, abbiamo già tanti sub-contratti del cazzo iniziati col Pacchetto Treu che gli assomigliano tanto (ma ci stanno lavorando, abbiate fede). Personalmente non sono neanche del tutto critico con alcune formule di contratti estremamente flessibili, ma ritengo che pur nascendo (forse, spero) con l’intenzione di andare a normare alcune forme di lavoro collaterali che avevano bisogno di essere inquadrate, sono poi diventate la regola, un modo per scaricare i costi del rischio d’impresa sui dipendenti e questa diffusione sempre maggiore di forme contrattuali precarie, sotto-qualificate e sotto-pagate crea una massa di lavoratori dalle scarsa capacità professionali (non avendo lavorato con abbastanza continuità nella stessa mansione), poveri e che in un futuro prossimo andranno a infoltire la schiera di disoccupati coi capelli bianchi che cercano lavoro a 40/50 anni come fosse il primo giorno e non avranno nessuna possibilità di maturare una pensione.

Vi sembra un modo saggio di organizzare il benessere di una nazione questo?

A me proprio no…

(per saperne di più su come la precarietà del lavoro comprometta la produttività, e tutto quello che ne consegue,vi rimando a un post su Goofynomics di qualche tempo fa)

Postato da: @FedericoNero 

3 commenti su “ZERO ORE.

  1. Mario Biglietto
    25 agosto 2013

    mi piacerebbe dire che ti sbagli ma non posso, spero la notizia non arrivi subito alle alte sfere o fra un mese li avremo anche noi i contratti zero hours, le cose peggiori le importiamo per prime.

  2. MJJ
    25 agosto 2013

    Davvero un bel pezzo, con delle vere considerazioni. Non nuove ne ignote, ma è sempre bene puntualizzarle!

  3. MJJ
    25 agosto 2013

    Bello il pezzo, verissime le considerazioni.

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Questa voce è stata pubblicata il 25 agosto 2013 da in Uncategorized con tag , .
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